In ricordo dell’amico Ferruccio
(senza il suo appassionato lavoro questa sezione del sito non esisterebbe)
La navigazione di questa sezione segue, per quanto possibile, la nomenclatura binomiale secondo Linneo, pertanto i nomi sono riportati in latino. Per alcune specie è riportato anche il nome con è cui è generalmente conosciuta in italia. Non siamo biologi ma solo appassionati pertanto chi rilevasse errori di catalogazione è pregato di segnalarlo tramite il modulo di contatto
Trachinus draco (Tracina drago)
Questi pesci sono diffusi nei bassi fondali di tutto il mar Mediterraneo e sulle coste atlantiche dell'Europa occidentale, fino all'arcipelago britannico. Segnalate anche alle isole Canarie. I Trachinidi presentano un corpo cilindrico ma appiattito sul ventre (sono pesci che vivono principalmente sul fondo), con testa arrotondata e una grande bocca rivolta verso l'alto. Le pinne pettorali sono ampie, le ventrali piccole. La lunga dorsale è preceduta da una pinna formata da 5-6 raggi-spine cavi, collegati ad una ghiandola velenifera. La pinna anale è opposta e simmetrica alla dorsale. La pinna caudale è a delta. La livrea è variabile da specie a specie, anche se tutte presentano un ventre giallo-bianco, mentre il resto del corpo ha un colore di fondo bianco, giallo o beige marezzato di bruno o di nero. Le dimensioni variano da 15 a 53 cm (Trachinus draco). Le tracine si immergono nel fondale sabbioso, lasciando liberi solo gli occhi e le spine velenifere. Quando una preda capita a portata di bocca esse escono velocemente fuori dal loro nascondiglio. Si cibano di piccoli pesci e crostacei. Non hanno molti predatori, poiché la loro puntura è un'esperienza terribile per chiunque provi a divorarle. Sono pescate dall'uomo, che ne apprezza le carni delcate soprattutto nella zuppa di pesce. Le tracine sono dotate di aculei velenosi sul dorso, che utilizzano a scopo difensivo. Tuttavia è molto semplice per gli esseri umani venire a contatto con questi pesci, sia sulle spiagge che durante la pesca. Il dolore è molto forte, un bruciore profondo che si irradia dalla ferita (che sanguina) lungo tutto l'arto, raramente arrivando fino all'inguine o all'ascella (a seconda dell'arto colpito), raggiungendo il suo massimo dopo 30-45 minuti dalla puntura, perdurando a volte per 24 ore, con strascichi di formicolii e insensibilità. Nonostante il forte dolore (si dice che i pescatori che si pungevano in antichità venissero legati per evitare che si uccidessero buttandosi a mare) il veleno non è pericoloso per l'uomo e tutto si risolve in fretta. Piuttosto spesso però per lo shock doloroso l'organismo reagisce con nausea, vomito, tremori e svenimenti. Sono necessarie profilassi antidolorifica e antitetanica. Per un primo soccorso è utile immergere la zona colpita in acqua molto calda (anche salata) per due ore (almeno un'ora), o anche 30 minuti sotto la sabbia, poiché il veleno è termolabile (l'esposizione a temperature elevate rende il veleno innocuo).
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